Posts contrassegnato dai tag ‘cinema’

Che ne facciate parte oppure no, ormai è finita. La saga cinematografica di Harry Potter (otto film), e ovviamente anche quella letteraria (sette libri), è arrivata all’ultimo capitolo.

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La riforma varata dal Governo cambierà ancora una volta la struttura del cinema pubblico a Cinecittà. Per tornare all’antico? Quasi. Ecco cosa nasconde veramente la cineteca più famosa d’Italia.

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"Lost", "Incontri ravvicinati" e "E.T.": è tutto questo ma è anche completamente diverso il primo film della strana coppia Spielberg - Abrams

Il nuovo film prodotto dal regista di E.T. e diretto dall’autore della serie “Lost” uscirà in Italia solo il 9 settembre. È molto bello. Negli Usa però non è andato bene. Anche ad Hollywood è sempre più difficile catturare il pubblico dei ragazzi. (altro…)

Tanto rumore per nulla. Il terzo episodio della serie live action sui Transformers diretta da Michael Bay e prodotta da Steven Spielberg, in uscita questa settimana in tutta Italia (altro…)

 

Aprirei un club con questo motto. Chi è d’accordo alzi la mano.

Anteprima romana del terzo episodio di Transformer. Due ore e mezzo di rumori, effetti speciali da cartone animato e una sceneggiatura con gli stessi buchi di un groviera svizzero. Per tutto il tempo ti domandi perché lei, bellissima, (altro…)

Il sistema cinematografico piemontese è un laboratorio

Rubini, Soldini, Volo, Genovese, Vanzina, Ponti, Calopresti, Emmer, Manuli, Avati, Bruni Tedeschi, Martinelli, Ferrara, Lizzani, Gaglianone, Bonivento, Zaccaro,  Montaldo, Sorrentino, Base, Torrini, Infascelli, Patierno, Ferrario, Capotondi, Grimaldi, Capitani, Marino, Argento, Capuano, Molaioli, Faenza, Venier, Bonivento, Carpi, Lucini, De Seta, Archibugi, Giordana, Tognazzi, Amurri, Lucchetti, Segre, Martone, Chiambretti, Samperi, Chiesa, Pozzessere, Corsicato, Comencini, Haber, Chiambretti e ovviamente Mazzacurati (da cui il titolo di questa rubrica) (altro…)

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Boris? Il Film.

Pubblicato: 27 febbraio 2011 in cinema
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La vera grinta

Pubblicato: 2 febbraio 2011 in cinema
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The True Grit

Film molto bello, di destra, intimamente e sfacciatamente repubblicano, “Il grinta” dei fratelli Coen ha già conquistato il pubblico Usa: 140 milioni di dollari di incasso ad oggi e dieci nomination agli Oscar, comprese quelle più importanti: miglior film, miglior regia, migliore attore, migliore sceneggiatura, e migliore attrice non protagonista per la splendida interpretazione della quattordicenne Hailee Steinfeld. (altro…)

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Una cattiva risposta ad una buona domanda. Il nuovo film diretto da Clint Eastwood, “Hereafter” (“L’aldilà”), uscito nelle sale italiane il 5 gennaio, esplora il mistero della morte con un approccio che suscita più di un motivo di perplessità. (altro…)

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Difficile scrivere una cosa così ma è necessario guardare in faccia la realtà. Il cinema non è un mestiere per vecchi. Viviamo in un momento di trasformazioni che sembrano solo tecnologiche ma che invece sono anche culturali e che quindi hanno conseguenze di tipo sociologico. “360°”, la nuova parola d’ordine di produttori e autori per contenuti rigorosamente crossmediali e multipiattaforma, impone di muovere la testa in modo acrobatico ed elastico. Un’attitudine difficile per coloro che hanno problemi di cervicale e di artrosi. La generazione dei padri e dei nonni deve fare un passo indietro. Come disse una volta un caro amico, padre di molti figli: «Il nostro primo dovere è di togliere le mani. Di lasciare che le cose accadano». E la prima delle “cose” che devono accadere è proprio il ricambio generazionale. Non se la prendano amici e colleghi che lavorano nel mondo del cinema ma è ora di alzarsi da tavola. Nelle proteste che si levano periodicamente per i tagli ai finanziamenti pubblici al cinema, c’è un dato che fa sempre una certa impressione: l’età dei registi che firmano le petizioni o gli editoriali sui quotidiani. Difficile trovarne uno che abbia meno di sessant’anni. I vecchi sono conservativi per istinto. La vita corre via e ogni mattina ti guardi allo specchio e speri che il tempo si fermi. Per i giovani, invece, le cose devono succedere. Hanno fretta di crescere e di sperimentare. Soprattutto hanno voglia di cambiare. I vecchi parlano di morte del cinema. Dicono che il linguaggio è cambiato e che il cinema non esiste più. Un odioso desiderio di portarsi l’arte nella tomba. Sto leggendo le bozze del romanzo di un ventinovenne aspirante filmaker, Paolo Boriani. Ogni capitolo è dedicato a un film. Le immagini evocate si intersecano in modo inestricabile alla quotidianità di tipo autobiografico di questo giovane milanese fra genitori, musica, amici, mostre di design e performance di nuovi artisti. Interessante. Magnetico. I giovani fanno così: si avvicinano al cinema con lo stupore della “prima volta”. Si mettono in fila davanti alle sale e discutono di come fare il cinema del prossimo secolo. Fra poco inizieranno le battaglie per il rinnovo delle cariche sociali ai vertici dei principali festival italiani, Roma e Venezia, e, subito dopo, di Cinecittà. Si tratterà di vere e proprie lotte senza esclusioni di colpi. Il tema vero però rimarrà sullo sfondo. I contendenti infatti viaggiano allegramente verso i sessanta, i settanta e, qualcuno, anche verso gli ottanta. Ad una conferenza stampa per happy few a Venezia, uno degli sponsor aveva pensato bene di regalare una confezione di pomata antiage. Contro le zampe di gallina e le occhiaie. Come dargli torto. In una sala cinematografica per un’anteprima riservata ai giornalisti, mentre i ragazzini e le ragazzine dei magazine online e i giovani parvenu della critica cinematografica vociavano allegramente di un regista o di un film, uno dei vecchi soloni del cinema è sbottato: «Ma chi si credono di essere questi sbarbatelli!». Non credono di essere, verrebbe voglia di rispondere, ma essi sono, sono veramente il futuro del cinema. Al recente Mipcom di Cannes c’era uno che di cinema se ne intende, Jon Feltheimer, il capo indiscusso del successo di Lionsgate (centinaia di milioni di spettatori ovunque, dieci Oscar negli ultimi dieci anni e serie tv di successo planetario come Mad Men). «La mia visione per il futuro di cinema e tv ha una sola parola d’ordine» – ha detto a mille addetti ai lavori provenienti da tutto il mondo -: «Il futuro è cambiare». Cambiare. Il cinema di oggi non è un mestiere per vecchi. Ma forse non lo è mai stato. Chi si ricorda quanti anni aveva Fellini quando vinse la Palma d’Oro con La dolce vita e quanti anni aveva Rossellini quando girò Roma città aperta? Avevano entrambi solo 40 anni (e allora sembravano già molti). Citizen Kane, il più bel film della storia del cinema, venne girato da Orson Welles quando questi aveva 25 anni.


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A Venezia 67 si è parlato anche del rapporto che Mr. Titanus, al secolo Goffredo Lombardo, ebbe con la Chiesa. Uno strano festival quello di quest’anno. Il presidente della Biennale l’ha definita la Mostra del “Buco”.
L’ultimo Gattopardo 
Gustavo Lombardo fu il pioniere del sistema cinematografico italiano. A soli 19 anni, nel 1904, costituì la sua prima società di noleggio. Sposò l’attrice italiana più bella del periodo del muto, Leda Gys e, nel 1928, fondò la Titanus, la società di produzione e distribuzione destinata a segnare tutta la storia del cinema italiano. Il figlio, Goffredo Lombardo, non voleva fare il cinema, racconta il premio Oscar Giuseppe Tornatore nel documentario L’ultimo gattopardo, prodotto da Medusa e presentato in anteprima a Venezia. Però, alla fine, ne rimase coinvolto e divenne il produttore cinematografico più importante della storia del cinema italiano del dopoguerra. Amante della vita e della pesca sportiva in mare aperto, una volta rischiò addirittura di essere ucciso da uno squalo. Ebbe due figli dall’amata moglie Carla. Il più giovane, Giulio, morì proprio in mare, durante un’immersione. Il documentario che Tornatore gli ha dedicato è molto bello. Le interviste alle persone che hanno lavorato con Goffredo Lombardo sono montate in una successione rapida e alternata, fino a costruire una storia unica e polifonica. Fra le voci, la più commovente è quella di Cesarina, la fedele segretaria, molto applaudita a Venezia. Sullo sfondo le immagini dei più bei film della storia italiana. È un esempio di come andrebbe raccontato il cinema italiano. Nel potente ritratto montato da Tornatore si parla anche del rapporto di Lombardo con la fede. Dice Tornatore che Goffredo si riavvicinò all’altare dopo la morte del figlio. E non dice altro. Ma non fu solo questo. Passato attraverso il trauma della bancarotta causata dal furioso extrabudget de Il gattopardo e dal fallimento al botteghino di Sodoma e Gomorra di Aldrich, Lombardo si era messo a fare televisione, con la stessa passione impiegata nel cinema. Produsse la prima soap italiana, Edera interpretata da Agnese Nano. Prima del Grande Giubileo del Duemila realizzò una fiction dedicata alla Madonna, Maria figlia del suo figlio, con l’attrice israeliana Yaël Abecassis. Quando ne parlava, gli brillavano gli occhi. «È dedicata a mia madre», diceva agli amici. Leda Gys, infatti, aveva interpretato Maria in una storica Passione del cinema muto diretta da Giulio Antamoro. Nel Duemila volle pagare di tasca propria le spese della Giornata degli artisti organizzata dal Vaticano per il Grande Giubileo del Duemila. Quando Monsignor Enrique Planas, direttore della Filmoteca Vaticana, gli chiese cosa volesse come ricompensa, Lombardo chiese una foto del Papa con una dedica. Solo una semplice foto. Negli ultimi anni della sua vita, quella foto campeggiò solitaria nel grande scaffale dove erano stati ospitati trofei e targhe della sua attività cinematografica. Quando gli chiedevano che fine avessero fatto tutti quei riconoscimenti professionali, lui sorrideva e alzava le spalle. Il suo funerale si svolse nella cosiddetta “chiesa degli artisti”, nel centro storico di Roma, a pochi metri da casa sua. Era la stessa chiesa dove Goffredo Lombardo, tutte le mattine, andava a seguire la messa e a servire il prete nella liturgia. Con la stessa umiltà di un ragazzo. Con lo stesso sorriso.
Il cratere del Lido
Paolo Baratta, con un’intuizione, alla fine l’ha definita “La Mostra del Buco”. Il “buco”, ovviamente, è quello del cantiere abbandonato del nuovo Palazzo del Cinema che troneggiava nel bel mezzo delle strutture della 67ª edizione del festival veneziano. La definizione però si presta ad una lettura più articolata. Il “buco”, infatti, è anche quello del rapporto fra Baratta e il ministro Bondi (che infatti non è andato alla Mostra). Il “buco” è quello dei finanziamenti che dovrebbero garantire la vitalità del festival ma che continuano ad essere tragicamente inferiori a quelli del concorrente Festival di Roma. Il “buco”, infine, è quello delle incertezze del totonomine. I vertici sono in scadenza. Chi sarà il nuovo direttore della Mostra? Chi il nuovo presidente? Un “buco” nero, appunto.


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