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Dopo il neorealismo cosa ci sarà, si domandavano Carlo Lizzani, Cesare Zavattini e Luchino Visconti negli anni Cinquanta. A distanza di più di mezzo secolo il dilemma si pone di nuovo e con maggiore urgenza di allora. Lo scorso 27 marzo, a Roma, sono stati consegnati i Premi David di Donatello 2019, la prima edizione organizzata (con una giuria tutta nuova) da Piera Detassis. Le storie dei film vincitori inducono ad una riflessione non episodica proprio sull’ipotesi del ritorno di una nuova forma di neorealismo. (altro…)

Alessandro Cattelan ai David di Donatello

Alessandro Cattelan ai David di Donatello

Sky ha dovuto rinunciare. Anche grazie all’instancabile operosità di Andrea Fabiano, il più importante premio del cinema italiano alla fine tornerà in Rai. Si tratta di una buona notizia. Purtroppo però è anche una cattiva notizia. David in the Sky, come nella canzone dei Beatles, ci aveva sognare “tangerine trees” ma … niente. Dopo soli due anni ci ritroviamo con “falling skies”. Vabbè, pazienza. Il fallimento delle strategie di Sky ha però acceso un riflettore su un problema più serio: la perdita di identità della nostra cinematografia. (altro…)

37°4 S di Adriano Valerio

37°4 S di Adriano Valerio

Tristan da Cunha è un gruppo di isolette perdute nell’Atlantico a tremila chilometri di distanza dalla costa più vicina, a metà strada tra Africa e Sud America. Qualche roccia che litiga con le massicce onde del mare, un vulcano che di inverno si copre di neve, i prati verdi che sembrano rasati e che fanno da contrasto al cielo grigio, un paio di strade senza macchine in mezzo al nulla. Solo una di queste isolette è abitata. Ci vivono 270 persone. Una terra aspra, piena di vento e di un oceano infinito. Adriano Valerio, un giovane filmaker italiano, già allievo di Bellocchio, ha scelto questa location insolita (altro…)

The fault in our stars

The fault in our stars

Hazel Grace Lancaster, una ragazza con il giovane destino tragicamente segnato da un cancro alla tiroide, dice a Augustus “Gus” Waters, un coetaneo con la gamba amputata a causa di un osteosarcoma: «Gus, amore mio, non riesco a dirti quanto ti sono grata per il nostro piccolo infinito. Non lo cambierei con niente al mondo». La loro drammatica storia d’amore (un «piccolo infinito») è raccontata in un libro di John Green che si intitola “Colpa delle stelle” (The Fault in Our Stars). Il romanzo («quasi geniale», secondo il quotidiano britannico The Times) ha scalato le classifiche dei libri più venduti nel mondo ed è diventato anche un film diretto da Josh Boone e interpretato da Shailene Woodley e da Ansel Elgort. Il trailer è molto lacrimevole ed è molto scaricato su Youtube e il film arriverà (altro…)

Il segreto di Cyop e Kaf

Il segreto di Cyop e Kaf

Sono le immagini che nessuno era stato capace di girare, fino ad ora. In sella su un motorino smarmittato, seduti dietro ad un vero scugnizzo minorenne (rigorosamente senza casco) giù a rotta di collo per (altro…)

 

Alla fine Giuseppe Tornatore s’è anche arrabbiato. Gli avevo domandato qualcosa a proposito della crisi del cinema italiano. «Se fossimo così bravi a vendere i nostri film all’estero così come siamo bravi a parlare della crisi del cinema italiano, la nostra cinematografia sarebbe la più forte del mondo», ha detto, cercando di smussare con un’iperbole e con un sorriso il proprio nervosismo. Aveva ragione. Era la domanda sbagliata. Ma, soprattutto, erano il momento e il luogo sbagliati. L’incontro, un seminario su “La scrittura creativa. Dalla parola all’immagine”, era stato organizzato dal Master in Gestione della Produzione Cinematografica e Televisiva della Luiss Business School Guido Carli con la collaborazione della Lux Vide. Al tavolo, accanto a Tornatore, c’era Alessandro D’Avenia, insegnante di lettere in un liceo di Milano, sceneggiatore e romanziere. Era proprio la presentazione del suo romanzo d’esordio, Bianca come il latte, rossa come il sangue (Mondadori), il motivo dell’incontro. Si stanno svolgendo in questi giorni le trattative per la riduzione cinematografica del libro. D’Avenia racconta un’intensa storia d’amore fra adolescenti, con un carattere forte e con una sincerità di sentimenti (e di linguaggio) ai quali non siamo più abituati. «I genitori dei Moccia o dei Muccino – ha detto D’Avenia – sono degli adulti che cercano di tornare adolescenti e si comportano come tali. Non deve stupirci quindi che i veri adolescenti possano rifiutarsi di crescere, di diventare adulti. Con un tale esempio, è legittimo chiedersi: ma chi me lo fare di crescere se poi l’unico desiderio che riesco a guadagnare è quello di tornare indietro”. C’era anche Monica Zappelli, la sceneggiatrice che vinse il David di Donatello per il film Cento passi. E c’erano due attori, Valentina Cervi e Alessandro Preziosi, per la lettura di alcuni brani del libro di D’Avenia. «Mi sono commossa leggendo le pagine del libro che mi avevano mandato. Questo mi ha molto sorpreso», ha detto Valentina Cervi. «Ma non voglio parlare del film che sarà» ha detto D’Avenia un po’ per prudenza. Le trattative sono ancora in corso. Un po’ perché non so ancora come sarà il film. Sarà diverso dal libro. Sarà interessante per me scoprirlo». La sala era piena zeppa di studenti, non solo del master. C’erano infatti alcuni studenti del liceo dove insegna D’Avenia. «Grazie per avermi fatto scoprire il piacere della lettura», gli ha detto uno di loro. Tornatore, in mezzo agli studenti, sembrava a proprio agio. «Non dico mai di no quando si tratta di parlare a dei giovani che vogliono imparare», ha detto. I ragazzi, nella sala, pendevano dalle sue labbra. «Come si fa a riconoscere il capolavoro sul quale investire?», hanno chiesto a Tornatore. «Non lo so» ha risposto. «Non c’è un trucco o una regola da seguire. Una cosa però la so. I produttori di una volta conoscevano il cinema. Mi accompagnavano nella sala di montaggio. Erano in grado di capire i problemi di chi girava. Conoscevano la tecnica ed erano anche uomini di cultura. Pieni di interessi. E poi, soprattutto, leggevano tanto, leggevano tutto. Non solo le sceneggiature (che mi tornavano piene di appunti) ma anche la letteratura contemporanea e classica. Grazie a questo insieme di straordinarie caratteristiche riuscivano a fare cinema. I produttori di oggi, invece, sembrano interessati solo ai conti. Non tutti, certo. Io finora sono stato fortunato con i miei produttori. Ma altri invece sembrano aver perduto lo spirito. È un peccato. Se diventerete produttori, fate questo lavoro con vera passione e vera cultura. Soprattutto, non smettete mai di leggere». I ragazzi, raggianti, lo hanno applaudito a lungo. D’Avenia li guardava con una luce negli occhi. Alla fine ha augurato ai suoi studenti di «essere ribelli per le sole tre cose che contano: verità, bellezza e bene». Aveva ragione Tornatore. Parlare di “crisi del cinema” in un simile contesto era una bestialità.

Pubblicato su Boxoffice


Uno scontro fra visioni diverse del paese è stato messo in scena per la consegna dei premi David di Donatello. C’erano i “centoautori”, c’era il nuovo astro Elio Germano, c’erano, ovviamente, i politici a fare la passerella, e c’erano i vincitori dei premi.
I “centoautori”, rappresentati da Michele Placido, pubblicamente e lagnosamente, hanno chiesto più soldi per fare cinema. “Ma è paradossale!”, ha commentato dietro le quinte Daniele Vicari (di sinistra ma fuori dal coro), vincitore per il migliore documentario dell’anno con “Il mio paese” della Vivofilm. “Ci si interroga su come si fanno i film, e cioè con quali soldi, e non ci si domanda mai che film si fanno. Noi dobbiamo parlare a tutti. Fare film che sappiano dire qualcosa alla gente”.
È quello che è successo con Giuseppe Tornatore. “La sconosciuta” ha stravinto ai David portandosi a casa, tra gli altri, anche la doppietta delle grandi occasioni: il premio come miglior film e come migliore regista. “La sconosciuta” era stato presentato durante la prima edizione della Festa del Cinema di Roma. L’accoglienza era stata tiepida. Ma Tornatore c’è abituato e aveva sorriso. L’establishment politico e culturale del cinema italiano, in realtà, non riesce a perdonargli di avere avuto successo (e un Oscar) con storie che parlano ai sentimenti e al cuore del pubblico.
Nel Paese dei David, il focolare del cinema italiano che Gian Luigi Rondi, come una vestale, accudisce e tiene acceso da sempre, troppo spesso infatti, nonostante Rondi, si respira aria di conformismo. Come migliore attore dell’anno è stato premiato Elio Germano, la rivelazione di “Mio fratello è figlio unico” che è stato in grado di oscurare persino l’idolo di tutte le ragazzine, Riccardo Scamarcio. È salito sul palco con la baldanza ormonale dei giovanissimi e, subito, ha inveito contro la televisione. “Basta con questa sudditanza del cinema nei confronti della tv”, ha urlato nel microfono mentre la folla (soprattutto femminile) ululava il proprio consenso. In platea c’erano, un po’ perplessi, anche Giancarlo Leone di Raicinema e Giampaolo Letta di Medusa, gli unici in Italia che, con De Laurentis, si impegnano nella produzione e nella distribuzione del cinema italiano.
Alla fine della festa, però, il dubbio rimane. Che film facciamo, si domanda Vicari. Che paese raccontiamo? Nonostante il banale conformismo del giovane Germano, nonostante la rituale e imbarazzante passerella dei politici sul palco, nonostante l’insistita richiesta di assistenzialismo statale da parte dei “centoautori”, dai David di quest’anno se ne esce consolati.
Non c’è nichilismo né qualunquismo, per esempio, ne “La sconosciuta” di Tornatore. I valori, quelli veri, quelli in grado di tenere in piedi un paese, ci sono tutti. La solidarietà, la giustizia, l’amore per il prossimo. Anche quando il mondo è pieno di cose orrende e di delitti innominabili. La stessa schiettezza che si trova nel “Mio paese” di Vicari. Una nazione, la nostra, che ama sé stessa e che vuole un futuro migliore.
Se i politici, fra una passerella e l’altra, trovassero il tempo per occuparsene.
pubblicato su Il Giornale il 17 giugno 2007