Le ragioni per essere allegri. Le sta cercando David Byrne, il leader storico di una rock band degli anni Settanta, i Talking Heads. Byrne ha aperto un sito web che si chiama reasonstobecheerful.world. È un’iniziativa molto bella: non è banalmente buonista e utilizza le armi della ragione e della ragionevolezza per individuare nelle umane vicende le cose che ci uniscono invece di quelle che ci dividono.
Fossi un produttore della tv, non perderei tempo e tramuterei il web format di Byrne nel nuovo modello del talk della pandemia (e, soprattutto, della post pandemia). Sarebbe fantastico, no? Purtroppo le cose che ci dividono sono più rumorose e invasive. Per trovare motivi di allegria e di unità, dovremmo mettere uno stop all’ansia frenetica di questi giorni, fermarci a riflettere, scavare in profondità e accettare di mettere finalmente in discussione alcune nostre futili certezze. Come stanno già facendo brillantemente David Byrne e i redattori di reasonstobecheerful.world. In televisione, invece, la comunicazione e il dibattito hanno preso una piega fastidiosa. Si litiga e si strilla. È un vero e proprio virus letale che trova la sua fonte di contagio in quell’enorme sciocchezzaio a cielo aperto dei social. Peccato. La televisione potrebbe fare veramente la differenza nel mondo digitale della nuova comunicazione egocentrata della rete. Invece, come scrive anche Papa Francesco nella sua Enciclica Fratelli Tutti: «Mentre crescono atteggiamenti chiusi e intolleranti che ci isolano rispetto agli altri, si riducono o spariscono le distanze fino al punto che viene meno il diritto all’intimità. <…> Il rispetto verso l’altro si sgretola e in tal modo, nello stesso tempo in cui lo sposto, lo ignoro e lo tengo a distanza, senza alcun pudore posso invadere la sua vita fino all’estremo». L’approccio verso l’altro essere umano in questo modo, dice Andrea Monda, direttore dell’Osservatore Romano, «si trasforma in un terribile atto di violenza dal quale è praticamente impossibile difendersi». Non solo. Spiega ancora il Papa: «I rapporti digitali, che dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia, una reciprocità stabile e anche un consenso che matura con il tempo, hanno un’apparenza di socievolezza. Non costruiscono veramente un “noi”, ma solitamente dissimulano e amplificano lo stesso individualismo che si esprime nella xenofobia e nel disprezzo dei deboli. La connessione digitale non basta per gettare ponti, non è in grado di unire l’umanità». E allora? Eccoci di nuovo a David Byrne. «Ovunque guardi – scrive Byrne -, il messaggio è sempre lo stesso: che siamo irrimediabilmente divisi. Ma questa è solo metà della storia. In effetti, ci sono prove abbondanti che noi esseri umani abbiamo grandi capacità e un forte desiderio di superare le nostre divisioni, più di quanto pensiamo». Non siamo divisi, conclude Byrne. E in televisione? «Quale contributo si dà alla fraternità?», chiede Papa Francesco.
Pubblicato su Tivù di dicembre 2020