La gioia ce la metto io

Pubblicato: 16 novembre 2020 in la giusta distanza
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Cari autori della tv ripensate alla vicenda di Lazzaro. Appena uscito dal sepolcro scoprì un imbarazzo nuovo. Non sapeva più abbracciare quei cari che lo avevano creduto morto. Succede lo stesso anche a noi. Dopo la forzata reclusione del lockdown scopriamo una difficoltà inaspettata. La relazione con l’altro è monca. Gli abbracci portano confusione. La spontaneità di un’emozione è tutta da riscoprire.

Lo ha scritto molto bene sull’Osservatore Romano Stella Morra, teologa e docente della Gregoriana. “Siamo tutti segnati – scrive Morra -, il virus ci ha arati  rivoltando le zolle profonde e non abbiamo un vocabolario condiviso per dirlo, perché abbiamo bisogno di tempo per capire i nostri stessi movimenti profondi, non riconosciamo noi stessi, né gli altri, siamo a pelle scoperta e non ci piace, ogni reazione è sproporzionata e nessuno è esente e dunque in grado con un po’ di pazienza e forza di ‘reggere’ la stranezza dell’altro. Abbiamo paura delle parole, quelle che diciamo e che ascoltiamo, che sembrano non corrispondere più lontanamente a nulla”. La teologa invoca addirittura la costituzione di “una task force antropologica che ci aiuti, tutti, a ritrovare parole, gesti, corpi umani”. Ha ragione da vendere. Mentre l’estate è passata fra imbarazzi nuovi e ansie mai provate prima, la televisione ha proposto invece la solita letteratura (fiction e intrattenimento) del periodo anteriore alla pandemia. Come se non fosse successo nulla. Come se noi, Lazzaro del terzo millennio, non fossimo mai usciti da un sepolcro in mezzo a parenti ed amici più stupefatti e impreparati di noi. Agli autori è bastato mettere un timido cartello: “Programma registrato prima dell’emergenza sanitaria”. E adesso? Quale compito ci aspetta? Ritorno, con affetto e gratitudine, all’intervento della teologa. C’è infatti un’intuizione che lascia senza fiato. Bella e piena di speranza. “Dobbiamo prenderne atto – scrive -: non siamo in grado di ristabilire oggi la giustizia e l’esattezza dei gesti e delle parole, ma non per questo abbiamo meno bisogno di gesti e parole <…>: ricominciamo, nel frattempo, da qui, dalla nostra estraneità a noi stessi e dal riconoscere l’altro (anche il più amato, anche il più conosciuto) come un nuovo straniero, da reincontrare con delicatezza e reimparare senza dare nulla per scontato”. La task force antropologica che Stella Morra invoca dovrebbe nascere proprio in tv. Abbiamo veramente bisogno che il più grande medium dell’umanità sia in grado di affrontare questa nuova emergenza. Per cominciare dalle “parole, gesti, corpi umani”. Morra cita una poesia. Potrebbe essere di aiuto a tutti noi che, stupefatti e impreparati, stiamo pensando alla tv dei prossimi anni. I versi sono di Mariangela Gualtieri (Bestia di gioia, 127). Eccoli: “C’è nella tristezza un contagio amore mio, e da questo si vede che abbiamo fatto comune cuore e siamo uno che pare due. Allora io insemino la gioia in questa cosa che non consiste però esiste e tiene entrambi appesi. La gioia ce la metto io”.

Andrea Piersanti

Pubblicato su Tivù di settembre 2020

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