Il dio delle piccole cose della tv

Pubblicato: 12 luglio 2015 in La materia dei segni
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Giulio Base su Periscope con la moglie Tiziana RoccaChe poi quando vi dicono “Netflix arriva in Italia” e sembrano spaventati voi potreste anche non capire. La verità si coglie nelle piccole cose. Giovedì mattina a Roma, c’è il sole. Giulio Base, regista di robe come “Don Matteo”, cammina veloce con il braccio teso e lo smartphone davanti a sé. Parla veloce in inglese. Sta girando un video per “Periscope”. Robe come “Una tazza di caffè e una passeggiata per Roma” oppure “Oggi toccherò il Colosseo per voi”. Lo fermi e lui, pronto: “Here’s my friend. Say hallo!” e a me, con un sorriso largo e coinvolgente: “Adesso sono in duecento a guardare la mia diretta”. Pensi ai milioni di spettatori di “Don Matteo” e capisci improvvisamente di aver bisogno di riflettere un po’. Le cose cambiano nella tv del mondo e quindi stanno cambiando anche in Italia. Lo abbiamo scritto almeno mille volte in questa rubrica. Quelli che la sanno lunga e che lavorano in Rai o Mediaset, alzano le spalle, sbuffano, e ti dicono che i numeri, quelli veri, sono ancora a favore dei vecchi modelli di tv. Sanremo, Don Matteo, Amici, Striscia, e poi il calcio, ovviamente, sono queste le cose che contano. Allora perché sembrano così spaventati? Il segreto è proprio nella strana equazione fra le cose piccole e quelle grandi. Fra i piccoli numeri e quelli grandi. Snapchat, uno degli ultimi arrivati nell’affollato mercato dei social, ha solo 100 milioni di utenti. Facebook, invece, ne ha 1,5 miliardi. Ma gli abbonati di Snapchat guardano ogni giorno 2 miliardi di video, la metà di quelli di Facebook, ha detto Evan Spiegel, Ceo di Snapchat. “Noi ci abbiamo messo 4 anni a raggiungere questi risultati. Siamo nati nel 2011. Facebook è nato nel 2004”, ha spiegato sornione Spiegel. I video degli inserzionisti su Snapchat durano pochi secondi, scompaiono dopo 24 ore e costano circa 150mila dollari. Una nuova ricerca di PwC ha abbassato le stime di crescita del mercato pubblicitario della tv tradizionale. Nelle previsioni del 2014, la crescita era fissata intorno al 5.5% annuo nei prossimi 5 anni. Adesso ci hanno ripensato e la stima è scesa al 4%.  Un piccolo numero, certo, ma in grado comunque di sconvolgere i sonni notturni dei pigri dirigenti della vecchia tv. Le entrate pubblicitarie di Netflix e dei social, definite come “homevideo”, cresceranno del 15% nei prossimi 5 anni. Non solo: la piccola pubblicità sui cellulari crescerà del 25% a discapito dei banner sul web e presto ci sarà il sorpasso nel mercato globale (in Usa è già avvenuto nel 2014). “Una parte di questa crescita è in arrivo a spese del mercato della pubblicità televisiva. La gente presto spenderà di più per lo streaming TV che per andare al cinema”, dice il direttore di PwC, Matthew Lieberman. “E l’Aria era piena di Pensieri e Cose da Dire. Ma in momenti simili vengono sempre dette solo le Piccole Cose. Le Grandi Cose si acquattano dentro, non dette”, (A. ROY, Il Dio delle piccole cose, Milano 1997).

Pubblicato su Tivù luglio 2015

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