Non hanno un solo capello fuori posto le nuove donne della tivù del terzo millennio. Hanno outfit invidiabili, preferiscono i colori pastello, sono capaci di tenere a bada anche gli uomini più volgari e piangono quando meno te lo aspetti.
Si chiamano Miriam, Mildred e, soprattutto, Enola. Non saprebbero vestire i candidi vestiti delle suffragette di un tempo (Il bianco ingrassa, citazione da La fantastica signora Maisel) ma rappresentano una interessante evoluzione del pensiero femminista contemporaneo. Enola è come Alone (sola) scritto al contrario: dovrò farcela da sola, per questo mia mamma mi diede questo strano nome, ma non significa che dovrò rimanere da sola. Lo dice Enola Holmes alla fine del film omonimo quando respinge il cortese invito alla (dorata) convivenza rivoltole dal suo adorato e ricco fidanzato. Ci vedremo, promette Enola-Alone, e ci ameremo, ma alla mia indipendenza non rinuncio. È questo infatti il filo rosso che unisce prodotti tv molto diversi. Enola Holmes, un piccolo e delizioso film per la tv dedicato alla storia inedita della sorella più piccola di Sherlock Holmes; La fantastica Signora Maisel, una strepitosa serie (tre stagioni, finora) che ruota intorno alla faticosa carriera di una improbabile stand up comedian, la ricca casalinga ebrea della Manhattan della fine degli anni Cinquanta, Miriam Midge Weissman in Maisel; Ratched, l’inedito spin off di Qualcuno volo sul nido del cuculo, il film di culto interpretato da Jack Nicholson nel 1975: narra la storia giovanile della terribile infermiera Mildred Ratched (proprio lei, quella finisce quasi strangolata alla fine del film di Milos Forman). Su tutte troneggia lo sguardo corrucciato di June -Difred, la protagonista di The Handmaid’s Tale. Sì, insomma, qual è il ruolo delle donne nelle serie tv della cultura contemporanea? Dovranno essere stuprate per contribuire alla sopravvivenza della specie come nella serie tv distopica interpretata da Peggy Olson? O potranno aspirare ad un futuro dove saranno finalmente libere dalla sudditanza di genere? Enola Holmes sembra la più sicura. Sarà per la giovane età. Tutto sommato è solo un’adolescente. Midge Maisel, invece, nei teatrini off, ottiene l’agognato successo solo al costo della distruzione sistematica del proprio matrimonio. Mildred Ratched, alla fine, sembrerebbe l’unica destinata a primeggiare in un mondo di maschi deboli ma è solo per compiacere un altro maschio, il fratello, uomo violento e imprevedibile. Perché è proprio questo il problema del femminismo delle donne tivù del Duemila. Hanno un vitino da vespa e sono lontane mille miglia dalla realtà quotidiana delle donne di tutto il mondo. Diceva il poeta Davide Rondoni: nelle assurde rotondità dei corpi in spiaggia c’è il racconto di una vita vissuta fino in fondo. Negli outfit perfetti di queste donne da copertina invece non c’è vita. C’è solo l’ipocrisia tardo-femminista di autori addomesticati dal marketing del politicamente corretto.
Pubblicato su Tivù di novembre 2020