Gli uomini nell’abisso delle serie tv

Pubblicato: 19 aprile 2020 in la giusta distanza

Peaky Blinders

Camminano a gambe larghe e con le schiene curve. Bevono molto. Troppo. Intorno a loro c’è un’intera comunità di persone piena di problemi. Nemici, parenti, fidanzate, fratelli: tutti portano guai. Solo guai. Mai una carezza. Uomini in tv.

Sono leader e sono soli. Sono eroi e sono dannati. Sono belli e sono senza amore. Uomini in tv. Hanno una lametta cucita nel cappello. Hanno una mazza da baseball nel bagagliaio della loro auto di lusso. Hanno la pistola nella fondina sotto la giacca oppure nella cinta dei jeans. Cavalcano nella brughiera nebbiosa. Guidano con una mano sola. E non allacciano la cintura di sicurezza. Uomini in tv. Picchiano come martelli. E risolvono i problemi. Degli altri. La maggior parte delle volte. Mai una volta però riescono a mettere mano ai propri casini. Piangono quando nessuno li vede. Spesso sono vittime di pestaggi impietosi e selvaggi. O di pallottole furiose e letali. E così cadono. Immersi nel loro stesso sangue. E poi si rialzano. Per poi cadere di nuovo. Finiscono anche in prigione, il più delle volte. La polizia li teme e li detesta. La gente li teme e li detesta. I collaboratori li temono e li detestano. I figli li temono e li detestano. I fratelli li temono e li detestano. Uomini in tv. Alzano gli occhi al cielo. Ma non credono in niente. Non c’è nessuno che li ami. O meglio, forse, qualcuno c’era. Ma è morto. E il rimpianto riempie i loro bicchieri di un alcol cattivo e senza speranza. Uomini in tv. Il ritratto del genere maschile del terzo millennio trasuda testosterone virtuale sugli schermi delle serie tv di maggiore successo. Come Ray Donovan e Peaky Blinders. Come Gomorra o Suburra. Gli uomini in tv, però, non hanno niente a che vedere con i loro fratelli nella vita reale. Gli uomini di tutti i giorni, per sfogare la propria aggressività, riescono a volte a suonare il clacson. Oppure scrivono qualche insulto scialbo e stracco sui social. Se hanno un problema, chiamano i sindacati. Se cadono, prendono qualche giorno di malattia. Se hanno un sogno, si sfogano con il porno sul web. Non risolvono i problemi. I propri o quegli degli altri. Qualche volta però ne parlano al bar. Piangono sempre quando qualcuno li può vedere. In privato, sbadigliano di fronte alla noia della loro vita. Resta da chiedersi cosa abbiano in comune con la dimensione eroica e, tutto sommato, romantica dei protagonisti pieni di testosterone delle serie tv. Non molto. Se non il desiderio di essere diversi da come sono. La cultura dell’immagine sta provocando guasti inediti nell’ego dell’umanità. Oggi scegliamo il divano per vivere avventure che non saremmo capaci di gestire nella vita reale. Più profondo è il divano, più  mostruoso è il modello a cui aspiriamo. Per allontanare i mostri della nostra quotidianità. Ma Nietsche ci aveva avvertito: “Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare dentro di te”. 

Andrea Piersanti

Pubblicato su Tivù, aprile 2020

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