
Sion Sono, ospite d’onore del prossimo Torino Film Festival. Lietta Tornabuoni diceva che il TFF “non è paragonabile ad alcuna altra manifestazione simile, non soltanto italiana”. Vero. Speriamo però che in futuro l’insistita autoreferenzialità dell’iniziativa possa lasciare spazio ad un maggiore spirito di condivisione.
L’anteprima italiana del nuovo film di Woody Allen “Midnight in Paris” con Owen Wilson e la filmografia completa del regista giapponese Sion Sono, che è sconosciuto non solo alla maggior parte degli spettatori ma anche a molti critici cinematografici togati. Sono solo due degli appuntamenti della 29ma edizione del Torino Film Festival, che si svolgerà nel capoluogo piemontese dal 25 novembre al 3 dicembre. Diretto dal regista Gianni Amelio con la collaborazione della giornalista e saggista Emanuela Martini, il Torino Film Festival (TFF) mantiene fede al ruolo di manifestazione estrema del cinema internazionale. “Sion Sono – ha detto la Martini – non è proprio per palati delicati. Bello ma duro. Ha visitato molti generi e ha fatto anche un paio di film horror veramente di paura”. Appunto. è la contraddizione più evidente di un festival che pure rimane il preferito fra i registi di documentari in Italia e non solo. Nonostante una certa compiaciuta e fastidiosa autoreferenzialità (tono saccente, questo regista lo conosciamo veramente in pochi, e così via) le visioni proposte ogni anno a Torino rappresentano comunque un appuntamento da non perdere, almeno per coloro che lavorano nel cinema. Il festival però ha un rapporto complicato con la città. Torino è la sede di una prestigiosa Film Commission, ha un proprio Fondo di investimento cinematografico legato al cinema, ospita i Lumiq Studios (gli unici altri teatri di posa di proprietà pubblica di Italia dopo Cinecittà) e vanta una consolidata collaborazione con la parte migliore del nuovo cinema italiano. Ma il festival è un regno a parte, chiuso in sé stesso; è stato teatro di clamorose litigate tutte interne all’intellighenzia della sinistra piemontese (fra le altre, ci sono state anche quelle che, nel 2008, convinsero il regista Nanni Moretti dopo solo un anno di lavoro a rinunciare all’offerta di continuare a dirigere il festival); ha una scarsa capacità di dialogo con le forze politiche di Regione, Comune e Provincia che pure lo sostengono. Il festival ha inoltre un vero e proprio problema di identità. Si inaugurerà con un film, “Moneyball”, interpretato da Brad Pitt e da Philip Seymour Hoffman ma sembra quasi vergognarsene. Per trovare la notizia si deve scavare a lungo nella cartellina stampa. La manifestazione da una parte ha l’ambizione di rivaleggiare apertamente con le due principali manifestazioni italiane, Venezia e Roma, e addirittura con il festival cinematografico di Berlino (una pietra di paragone importante per le scelte della direzione torinese). Dall’altra però difende con le unghie il proprio aspetto un po’ slabbrato di evento riservato agli intellettuali “duri e puri”, “antagonisti e controcorrente”. Nonostante tutto il programma però è ricco anche quest’anno. La madrina sarà un’attrice molto amata nei salotti buoni del cinema italiano, Laura Morante. Il concorso ufficiale, con 16 titoli, è dedicato come al solito, soprattutto ai nuovi registi della scena internazionale. Sono 217 i film del programma, di cui 32 anteprime mondiali, 20 anteprime internazionali, 10 anteprime europee e 70 anteprime italiane. Sono stati selezionati, dicono Amelio e la Martini, fra oltre 3700 film visionati (tra corti, medi e lungometraggi). Molti gli ospiti attesi. Fra gli altri Valeria Golino, Keith Carradine, Gigi Proietti, Aki Kaurismäki, Megumi Kagurazaka, Renzo Arbore, Renzo Rossellini, Fabio Volo, Isabella Ragonese, Massimo Venier, Antonio Albanese, Ascanio Celestini, Kim Rossi Stuart, Sergio Rubini, Michele Placido, Toni Servillo, Roberto Herlitzka (a cui verrà assegnato un premio speciale), Daniele Segre, Alice Rohrwacher, Altan, Riccardo Iacona, Francesca Comencini, Marco Risi, Bruno Bozzetto. Annunciata anche la presenza del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris (Italia dei Valori): sarà contento il sindaco torinese, Piero Fassino (PD). Due sono gli italiani in concorso. Si tratta de “I Più Grandi di Tutti”, opera seconda di Carlo Virzì con Claudia Pandolfi, e “Ulidi Piccola Mia”, esordio nel lungometraggio di Mateo Zoni. Nella sezione fuori concorso, fra i tanti, ci sarà anche una comedy-horror come The Catechism Cataclysm di Todd Rohal, (USA, 2011, HDCam, 81’). Racconta di Padre William, “un giovane prete in crisi di ispirazione. Dopo l’ennesimo sermone fuori luogo, viene costretto a una vacanza per riflettere sulla propria vocazione. Con un vecchio amico, si imbarca in una improbabile avventura in canoa tra gag scatologiche, momenti di ironica introspezione e imprevisti tocchi horror”, si legge nella trama proposta dal festival. “Padre William getta la Bibbia in un cesso poco prima di imbarcarsi in una giornata di viaggio in canoa”, si legge nella sinossi pubblicata negli Usa. Il premio intitolato alla fondatrice del Museo Nazionale del Cinema, Maria Adriana Prolo, sarà assegnato all’attore torinese Roberto Herlitzka. In occasione del conferimento del premio, sarà proiettato “Sette opere di misericordia” interpretato dallo stesso Herlitzka e diretto da Gianluca e Massimiliano De Serio. Il film, distribuito da Cinecittà Luce, è prodotto dalla Sarraz Pictures, con Elefant Film, in collaborazione con Rai Cinema, FIP – Film Investimenti Piemonte e Film Commission Torino Piemonte. La giornalista Lietta Tornabuoni, scomparsa lo scorso anno, riteneva che il Torino Film Festival fosse “unico: per lo slancio, la selezione dei film, le pubblicazioni e attività collaterali, lo spirito d’amicizia, il pubblico di ragazzi, le retrospettive benissimo ideate, per i direttori appassionati e bravi”. Diceva che il TFF “non è paragonabile ad alcuna altra manifestazione simile, non soltanto italiana”. Vero. Speriamo però che in futuro l’insistita autoreferenzialità dell’iniziativa possa lasciare spazio ad un maggiore spirito di condivisione.