Il festival di Roma, secondo Antonio Autieri di BoxOffice: poche idee e pure confuse. Comune, Regione e Provincia non hanno espresso una visione strategica e la manifestazione langue. A difenderla solo gli addetti ai lavori. Adesso arriva anche il nodo del cambio al vertice. Chi la guiderà dopo Rondi?

Pubblicato: 3 novembre 2011 in cinema
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Carlo Verdone al Festival di Roma. La politica non valorizza la manifestazione romana. A difenderla ci sono rimasti solo gli addetti ai lavori.

Carlo Verdone al Festival di Roma. La politica non valorizza la manifestazione romana. A difenderla ci sono rimasti solo gli addetti ai lavori.

Nella sua ancor breve vita – nel 2006 la prima edizione – il Festival di Roma non ha certo avuto vita facile“, scrive il direttore di Box Office, Antonio Autieri, nel suo editoriale di questo mese. “Tranne forse all’inizio: l’allora Festa del Cinema, nata per la volontà dell’allora sindaco Walter Veltroni e con Goffredo Bettini mente strategica dell’evento, ha avuto inizialmente una forte connotazione e spinta politica, nonché il favorevole appoggio del cinema italiano. Agli esordi ha dovuto scontare solo l’ostilità, comprensibile e legittima, della Mostra di Venezia; anche se, a onor del vero, neppure la stampa più “amica”, forse per snobismo, la considerava una buona idea. Ma all’epoca sembrava una macchina da guerra, con tre enti a sostegno (Comune, Regione e Provincia) dello stesso colore e un budget da 17 milioni di euro. Dopo le prime due edizioni, però, sono aumentati i problemi: le critiche della stampa, anche romana; soprattutto il cambio al Comune di Roma con il sindaco Gianni Alemanno e quasi tutto il centrodestra a chiederne la chiusura per spreco di soldi pubblici.
Oggi la situazione vede il festival in una situazione di estrema debolezza, tra il ministro Giancarlo Galan che non nasconde la sua avversione ed enti locali che a parole lo difendono a spada tratta e ne proclamano l’importanza, ma nei fatti dimostrano quanto meno scarsa visione strategica; culturale prima che di identità geopolitica. Sia il Comune a guida Alemanno, che la Regione con il presidente Renata Polverini non sembrano avere un disegno chiaro: nessuno reclama l’indirizzo da dare alla Fondazione, avanza proposte, immagina sviluppi diversi, s’impegna con chiarezza sui fondi da destinarvi in futuro. Così il festival, nel bene e nel male, prosegue secondo l’idea originale di Veltroni e Bettini. Mentre Alemanno – che pure inizialmente ne era, come detto, fortemente contrario – e la Polverini si limitano a reagire alle sparate di Galan. La Provincia, rimasta al centrosinistra con Nicola Zingaretti, ha sempre avuto un ruolo marginale nella Fondazione. In questo contesto confuso e avvilente, chi lavora al festival – con competenza e passione: le professionalità sono tutte di prim’ordine – non ha certezze. E la manifestazione langue: il modo migliore perché si buttino via i soldi degli enti locali (e degli sponsor); altro che battaglia agli sprechi… A sostenerla è rimasto gran parte del settore che continua a mandare film importanti perché crede nella sua vetrina promozionale; è molto apprezzato, anche dagli stranieri, Business Street. Che va ancora potenziato con maggiori spazi e strutture perché duri tutto il festival; tra le linee di potenziamento, lo sviluppo delle coproduzioni (tema di cui ci si occupa con New Cinema Network, per i progetti indipendenti; ma un grande mercato può attrarre anche l’interesse delle grandi compagnie per progetti ambiziosi) e il maggior coinvolgimento delle film commission, per portare sempre più produttori e non solo i buyer. Magari affidando la direzione ad altri: criticammo da subito il doppio ruolo di Roberto Cicutto, già presidente di Cinecittà Luce; a maggior ragione ora che è amministratore delegato della società, “rinnovata” e indebolita.
Solo la prospettiva di far crescere ancora il ruolo di un mercato diventato in fretta importante, per fargli prendere il posto che fu del Mifed di Milano (e forse con un respiro più ampio) dovrebbe stimolare Comune e Regione a piani di sviluppo per il festival. E invece, buio totale. Ora, ad aumentare incertezza, c’è la scadenza delle nomine: termina il mandato del presidente Gian Luigi Rondi e del direttore Piera Detassis. Soprattutto, sarà delicata la scelta per la guida della fondazione: è pensabile, ed è trapelata come seria ipotesi, che Rondi termini il suo compito, sia per età che per il suo nuovo ruolo di commissario straordinario Siae. Per sostituirlo ci vorrà una persona che rispetti la storia della manifestazione ma intuisca anche se occorrano cambiamenti al format, in un mercato sempre più competitivo e con festival internazionali agguerriti. Soprattutto, un presidente competente e amante del settore; non un politico o un manager paracadutato da altri lidi, controvoglia e senza spessore“.

Antonio Autieri

Leggi l’editoriale di Antonio Autieri su Box Office

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