Il cane-cane che si morde la coda

Pubblicato: 10 novembre 2025 in La materia dei segni
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In televisione si dice che puoi montare a schiaffo una sequenza con un’altra solo se sono legate da un cane-cane, una parola ripetuta in entrambe. In televisione questa regola sembra inossidabile. Deriva dal vecchio adagio latino: repetita iuvant. Le ripetizioni giovano alla narrazione perché il pubblico si distrae facilmente.

Le ripetizioni giovano anche al mercato perché i format per gli spettatori sono uno strumento di ricatto emotivo. Si torna a vedere quel programma perché ci siamo affezionati (sic!) o perché è diventato un’abitudine, non perché ci aspettiamo una novità. Anzi, la sola idea di una dissonanza, o di una diversità, ci farebbe cambiare canale, dicono gli esperti di consumi tv. La cronaca della lotta sul destino del festival della canzone italiana rientra in questa categoria del pensiero (?) tv. La prospettiva di spostarlo da Sanremo e farlo a Roma, con un risparmio di svariate decine di milioni, ha tolto il sonno ai funzionari televisivi e ai discografici. Sarebbe stato uno scandalo, dicevano. A valle delle faticose e surreali trattative intavolate dal piccolo comune ligure, e in vista della prossima edizione del festival (che si svolgerà ovviamente a Sanremo, repetita iuvant), resta una domanda: perché? Perché la televisione è diventata schiava delle ripetizioni e del cane-cane? Il momento indica altre necessità, è ormai evidente. E non solo quelle di tipo politico istituzionale che spingono i dirigenti pubblici e privati a sperimentare novità per le competizioni industriali e culturali dell’attuale congiuntura (Berlusconi con la ruota e l’isola e Rossi con gli insert di nuovi volti per rinnovare il parco dei talent della Rai). Si tratta di una rivoluzione più grande di così. Il mercato è profondamente cambiato. Telefonini e secondi schermi, video on demand, agonia del vetusto sistema di rilevamento di ascolti e gradimenti (ormai completamente soppiantato dagli algoritmi dei social, anche se dalle parti di Auditel, fischiettando, fanno finta di non averlo capito): sono questi gli elementi visibili di un iceberg che travolge il Titanic della vecchia tv.  Le repetita suonano il violino sulla tolda inclinata della creatività. Anche ad Hollywood, la riproposizione ossessiva di personaggi e storie (in televisione si chiamano format, in California invece li chiamano franchise) sta consumando il mercato. Non lo sta ampliando ma lo sta restringendo, in un vortice claustrofobico. Le ore passate dal pubblico sulle piattaforme per cercare qualcosa di nuovo da vedere (come recita una fortunata pubblicità) sono infatti un segnale evidente. Il cane-cane, che per anni ha dettato le regole, è arrivato a mordersi la coda. E come dicono spesso anche dalle parti di Via Asiago, è arrivato il momento di una narrazione diversa. È finalmente l’ora delle novità.

di Andrea Piersanti

Pubblicato nella rubrica La materia dei segni su Tivù di settembre 2025

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