C’è una sapienza antica in alcune attitudini dei Millennials (i ragazzi nati dopo il Duemila). Guardano serie tv e film con l’occhio scanzonato di chi non vuole esprimere giudizi ma di chi cerca soltanto una rappresentazione fenomenologica di sentimenti e stati d’animo. Lontani dagli strilli psichedelici degli anni Settanta, quando i giovani cercavano nuovi e improbabili maestri nelle canzoni dei grandi concerti rock all’aperto, i ragazzi di oggi utilizzano invece il sistema del “mash-up”, letteralmente “poltiglia”, per mischiare insieme contenuti (video, musica, testi) diversi e ottenere in questo modo una nuova storia, più personale e, quindi, più vera.
In un liceo romano, l’I.I.S. G. De Sanctis, sotto la guida dell’insegnante di religione, alcuni adolescenti di un’età compresa fra i 16 e i 18 anni, hanno speso alcuni mesi nello studio del quarto comandamento. Gli studenti erano stati invitati a illustrare quali film e quali spettacoli tv avessero sollecitato la loro attenzione in relazione alla quarta Parola del Signore. Con il metodo della “classe capovolta”, gli spezzoni dei video proposti dagli studenti furono analizzati in classe, uno per uno, e furono catalogati dal punto di vista dei temi più rilevanti. Prima della fine dell’anno la classe, con la guida dell’insegnante e dopo un’attenta discussione, ha infine realizzato un video di montaggio con alcune sequenze dei brani analizzati e catalogati nei mesi precedenti. Il risultato è stato un video di sintesi (pubblicato sul canale Youtube del liceo), un “mash-up” appunto, dell’immaginario che gli studenti sviluppano quando sono invitati a riflettere sulla relazione con i propri genitori e con il mondo degli adulti: il contesto, in questo caso, è quello dell’immaginario generato dalla comunicazione cinematografica e televisiva del terzo millennio in una silenziosa ma quanto mai significativa simbiosi con il vissuto personale.
Gli studenti, riferiscono gli insegnanti, hanno partecipato con molta intensità all’iniziativa. In un momento dell’adolescenza durante il quale emergono i problemi più vistosi nei rapporti con i genitori, i ragazzi hanno avuto modo di parlare del proprio vissuto senza essere costretti a rivelare in pubblico, davanti ai compagni di classe, le reali dinamiche famigliari. Al contrario, l’utilizzo di riferimenti così vicini alla propria esperienza culturale (serie tv, cinema, video musicali, pubblicità) ha permesso ai ragazzi di vivere quel tempo a scuola con un inedito sentimento di appartenenza. Lo strumento del confronto con l’immaginario cinematografico e televisivo degli adolescenti è un efficiente passe-par-tout per superare le naturali diffidenze dei più giovani nei confronti del mondo degli adulti. Si tratta però di uno strumento fin troppo potente e, quindi, va maneggiato con attenzione e con la dovuta preparazione. I docenti, infatti, possono trovarsi di fronte alla proposta di film o di prodotti tv che non conoscono e che non sono in grado di analizzare in una prospettiva critica adeguata. L’immaginario cinematografico e televisivo è un territorio ancora oggi quasi completamente inesplorato nelle aule scolastiche. Offre però un numero infinito di opportunità, e quella proposta dal Liceo De Sanctis di Roma, ossia l’indagine sulla percezione culturale del quarto comandamento, è solo una delle tante possibili esemplificazioni. La legge n. 107 del 2015, la cosiddetta legge della “Buona scuola”, propone l’incremento delle relazioni virtuose fra Miur e Mibac per l’introduzione dell’insegnamento del linguaggio audiovisivo nelle aule. Si tratta di un buon inizio e c’è ancora molta strada da percorrere. L’immaginario cinematografico e televisivo degli adolescenti nati dopo il Duemila è un luogo in grandissima parte assolutamente inesplorato. Il tema del quarto comandamento è solo uno dei tanti percorsi da compiere in vista dell’individuazione di un metodo di ascolto che permetta ai ragazzi di far emergere la complessità e la densità del loro vissuto. Rimane sullo sfondo un’auspicabile rivoluzione copernicana del pensiero critico cattolico sui fenomeni della cultura di massa. Per quasi un secolo la preoccupazione di associazioni e di intellettuali di fede è stata quella di esprimere un giudizio sulla bontà o meno dei contenuti espressi da film o canzoni. È mancata fin troppo spesso invece un’analisi di tipo fenomenologico. I ragazzi di oggi ci invitano ad un atteggiamento differente, quello dell’ascolto critico ma libero da pregiudizi. Sembra di sentire l’eco delle parole del Papa: “Chi sono io per giudicare?”.
Pubblicato su L’Osservatore Romano del 23 luglio 2019