Il modello Youtube è molto importante per il mercato italiano ma sono ancora in pochi a crederci veramente. Uno scetticismo decisamente mal riposto. Il numero di “views” sul web infatti cresce in modo esponenziale anche in Italia (e non solo nel resto del mondo). A marzo gli youtuber nostrani avevano già caricato più di tre milioni e mezzo di video (erano meno di un milione subito dopo Natale). La media iscritti di un canale top di YouTube, dal 2015 a oggi, è più che raddoppiata: prima si andava in testa con un milione scarso, adesso ne servono dai 2 ai 3 milioni. Il numero delle views è arrivato complessivamente, solo nel nostro paese, alla cifra record di 79 miliardi (elaborazioni GreaterFool.tv, basate su un campione di 12.500 canali YouTube italiani con più di 1.000 subscriber). Sono numeri che fanno impallidire gli ascolti di Sanremo e che creano qualche disagio anche alle tv in abbonamento come Sky.
La crescita è proprio da capogiro ma solo Mediaset, per il momento, ha cominciato a muovere i primi passi verso questo universo così allettante (e, purtroppo, ancora così disordinato). La televisione guidata da Pier Silvio Berlusconi, a gennaio, insieme con Tf1, ha acquisito una piccola partecipazione in “Studio71”, il principale multichannel network in Europa (e tra i primi cinque al mondo, fanno notare con orgoglio dall’ufficio stampa), una società che è controllata dal gruppo tedesco “ProSiebenSat.1 Media”. “Mediaset ha piantato una bandierina strategica in un territorio ancora incomprensibilmente sconosciuto ai broadcaster italiani, nonostante sia divenuto ormai il primo schermo per kids, teen e ventenni”, dice Andrea Materia, CEO e pioniere in Italia del modello Multi-Channel Network YouTube (la sua “Greater Fool”, fondata a Roma cinque anni fa, oggi raggiunge 6 milioni di iscritti). “Studio71 è una realtà gigantesca, che non a caso è nata negli Usa e non in Europa”, spiega con un sospiro. Quando fu acquisita dai tedeschi di “ProSiebenSat Media”, a luglio del 2015, si chiamava ancora “Collective Digital Studio”, una società di diritto Usa che era stata creata nel 2011 dal talent agent di Hollywood Michael Green. Al momento dell’acquisizione da parte degli europei, un anno fa, la “Collective Digital Studio”, cresceva in modo vertiginoso e macinava numeri come una schiacciasassi: generava 3,5 miliardi di visualizzazioni al mese (che erano più del doppio rispetto ai 1,2 miliardi al mese di un anno prima) e aveva già realizzato circa 500 campagne per clienti diversi con oltre un miliardo di visualizzazioni mirate. Alla “ProSiebenSat Media”, dopo l’acquisizione di CDS e il rebranding in “Studio71”, sono stati necessari altri dodici mesi per individuare i partner europei. All’inizio dell’anno è arrivata così la firma con Mediaset e Tf1. I giovanissimi talent di Youtube hanno un linguaggio e una creatività che sono gli unici perfettamente compatibili con i consumi video non lineari degli adolescenti (il mercato più fluido e interessante del momento) ma non sanno come guadagnare soldi. I multichannel network sono la casa dove possono incontrare possibili clienti e avere maggiore visibilità. Google, ovviamente, lascia fare. I giovani talenti del web, infatti, sono discontinui e disordinati. All’interno dei multichannel network come “Studio71” i loro contenuti trovano invece una continuità produttiva e un ordine che sono più coerenti con le esigenze industriali degli inserzionisti. “Studio71” attualmente sviluppa oltre 6 miliardi di video visti al mese ed è presente in cinque Paesi con circa 200 dipendenti. In Italia gestisce un “inventory” di oltre 40 milioni di video visti al mese. Mediaset (con una quota iniziale del 5,5%) e il gruppo francese TF1 (6,1%) sono entrati nella società (un investimento totale di circa 50 milioni per una valutazione di 400 milioni di euro) con l’obiettivo di “diventare il più importante gestore europeo di talent digitali e di costruire le basi per una stretta sinergia con la tv generalista”. Il secondo obiettivo sembra però una chimera: tutte le star del web che sono state prestate fino ad ora al circuito mainstream della tv lineare hanno fatto ascolti imbarazzanti. La tv lineare è fuori dalle abitudini mediatiche dei giovanissimi iscritti ai canali YouTube. I talent del web devono rimanere in rete. Appena escono dai pc o dai piccoli schermi degli smartphone annaspano come pesciolini fuori dall’acquario. La strategia di “Studio71”, nonostante le dichiarazioni di routine, quindi resta quella di cavalcare l’onda lunga del business della nuova pubblicità sul web. “Il mondo dei video online sta orientandosi sempre più verso il modello di business Avod (Advertising Video On Demand) con accesso gratuito, grandi ascolti e ricavi provenienti integralmente dalla pubblicità”, dicono a Mediaset. In Italia “Publitalia 80” sarà la concessionaria esclusiva del network. Google continuerà a gestire la vendita degli spazi pubblicitari collocati prima dei video (anche se preoccupa la fuga di grandi inserzionisti per la pubblicazione di contenuti online legati al terrorismo). “Studio71” i suoi partner invece si adopereranno per costruire un ponte trasversale di collaborazione fra i talent dei video sul web e le grandi aziende interessate ad una visibilità praticamente a costo (quasi) zero. E’ la nuova frontiera dei branded content. Nel 2013 il mondo della pubblicità americana elesse la campagna più fortunata dell’anno: si trattava di un branded content della “Dove” (“You’re more beautiful than you think”), un video di 3 minuti creato per il web e che venne scaricato (nelle varie versioni e sulle diverse piattaforme) quasi 150 milioni di volte. Una visibilità ottenuta dalla “Dove” praticamente a costo zero se si considera che un singolo break pubblicitario di 30 secondi per lo stesso numero di spettatori all’interno di una trasmissione televisiva tradizionale (come il Superbowl) può arrivare a costare diversi milioni di dollari. “Studio 71” ha sedi a Berlino e Los Angeles, e uffici a New York, Londra, Vienna, Toronto, San Francisco e Chicago. Nel primo trimestre 2017 sarà costituita la joint venture “Studio71 Italia” di cui Mediaset sarà azionista di rilievo (49%) e attraverso la quale verrà gestito l’intero business italiano di “Studio71” (con sede a Milano). A seguire l’intera operazione ci sarà il Chief Digital Officer Pier Paolo Cervi. “Studio71” rappresenta oggi oltre 1200 canali e, con oltre 6 miliardi di visualizzazioni al mese, riesce a raggiungere un sesto del pubblico dei millennials. Lo aveva già detto (con molta furbizia) la “Dove” nel 2013. Adesso è il turno di “Studio71” (insieme con Mediaset e Tf1). Sussurra alle star del web: you’re more beautiful than you think.
Pubblicato su Tivù di maggio 2017