E’ come la “Cannonball Run”, la corsa automobilistica più pazza del mondo. Il primo a partire era stato Bollorè ma le sue recenti disavventure giudiziarie e l’esito disordinato delle trattative di Vivendi in Italia lo stanno costringendo ad un forte rallentamento. Sulle sue orme, intanto, si sono già scatenati i suoi più diretti e temibili concorrenti. Si chiamano Patrick Drahi e Xavier Niel e sono determinati a sfidarsi, senza esclusione di colpi, nella gara “più pazza” del nuovo business tv. Drahi e Niel sono due miliardari del mercato della comunicazione globale e hanno una parte dei loro interessi anche in Italia.
La strategia editoriale è chiara per tutti e tre: copiare il modello della media company del momento: Netflix. La “Altice” di Drahi, dietro alla Vivendi di Bollorè, ha bruciato la partenza ed è già online con “SFR Play”: solo 10 euro al mese per serie tv, film (sono circa un migliaio) e programmi per bambini (un accordo editoriale con la Disney). Il titolo di punta del pacchetto è una serie tv da 40 milioni di euro di budget con cast stellare e che è realizzata in esclusiva per “SFR Play” dal regista globale Luc Besson. I numeri sembrano indicare Drahi come superfavorito nella corsa per costruire la “Netflix europea”. “SFR” è il secondo più importante operatore di telefonia mobile francese ed è il terzo Internet Service Provider del Paese. La società una volta era di Bollorè ma dal 2015 è tutta saldamente nelle mani di “Altice” (uno dei tanti colpi di scena della corsa più “pazza”). In gara però c’è anche Xavier Niel, l’imprenditore “gaucher” che sta per cambiare le regole del gioco del business tv e che, forse, entrerà in politica per provare a diventare, in primavera, il nuovo presidente della repubblica francese. Parte per ultimo, è vero, ma il suo gioco è pesante (molto pesante) ed è anche innovativo, forse troppo. Insieme con il banchiere “punk rock” Matthieu Pigasse (nel suo ufficio troneggia il manifesto di un concerto dei Clash) e al produttore tv Pierre Antoine Capton (un ex attore che è diventato il più importante produttore indipendente di Francia), Niel è riuscito a “sfilare” ai grandi investitori internazionali (come JP Morgan) un malloppo di circa 250 milioni di euro. Il fondo dove sono confluiti i denari si chiama “Mediawan”. Con i soldi che gli investitori di tutto il mondo gli hanno affidato, Niel sta per comprare il 100% di “Groupe AB”, il più grande media player francese. Il perfezionamento dell’operazione è schedulato entro il primo semestre del 2017. “Groupe AB” è sia produttore che distributore e dispone di 19 canali a pagamento, tra cui RTL9, AB1, AB Moteurs, Ciné FX, Mangas, Toute l’Histoire, Ultra Nature e diversi altri canali tematici, oltre ad un catalogo di 12.000 ore con serie di culto (come l’esclusiva europea di “Friends”) e titoli più recenti. Xavier Niel si è lanciato nella corsa più “pazza” con un sentimento di vera esaltazione. “Siamo in grado di produrre contenuti in Francia e in Europa che saranno poi venduti in tutto il mondo e abbiamo già più di un acquirente: le società di telecomunicazioni in ricerca di contenuti e le piattaforme internet”, dice a chiunque lo interpelli. Un vero e proprio big bang della televisione. “Il nostro piano è semplice. Vogliamo utilizzare Groupe AB, che verrà rinominato Mediawan, per creare l’azienda leader in Europa per contenuti, produzione, cataloghi e distribuzione”, ha detto a Reuters Matthieu Pigasse. Come a dire: vogliamo essere noi a creare la vera Netflix europea. “Sono già in corso trattative per l’acquisizione di altre società europee al di fuori della Francia”, ha confessato Pigasse. Fra queste, secondo i rumors, ci sarebbe anche l’italiana Cattleya di Riccardo Tozzi. Secondo l’agenzia francese di misurazione dell’audience “Médiamétrie”, con l’acquisizione di “Group AP”, “Mediawan” diventerà il secondo operatore pay tv in Francia, con quasi il 10% di share, alle spalle di “Vivendi – Canal+”, che conduce la classifica con il 36%. Secondo Arnaud Dassy della “Perella Weinberg Partners”, il consulente finanziario di “Groupe AB”, il nocciolo del business è però nell’incrocio con i dati dei consumatori che sono chiusi nelle casseforti delle telecom. “Potranno essere utilizzati per migliorare il prodotto e guadagnare di più con la pubblicità”, ha detto Dassy. Xavier Niel, esattamente come i suoi competitor Drahi e Bollorè, è innanzi tutto un operatore telefonico. Senza scrupoli, verrebbe da aggiungere. Ha iniziato da giovane, nel 1990, aggredendo con un servizio di chat erotiche il mercato ancora immaturo e inesperto del Minitel (l’antenato prossimo del web) e guadagnando in pochi anni molti milioni di euro. La sua società, che si chiama “Iliad” (come il racconto omerico della trappola del cavallo che ingannò i troiani), nel corso degli anni è stata protagonista di spericolate scalate e di forti innovazioni. Fu Niel, infatti, a lanciare in Francia (era il 2002) “Freebox”, il primo multi-servizio triple-play (voce, dati e video). Una vera rivoluzione tecnologica made in France a prezzi stracciati, solo 29,90 euro, un terzo in meno rispetto ai concorrenti. Nel 2012, la sua “Free Mobile” (controllata da “Iliad”) fece saltare il tavolo delle tariffe delle telefonia mobile con una proposta di abbonamento a soli 19,90 euro. I concorrenti in Francia e nel mondo, dopo aver digrignato i denti, furono costretti ad andargli dietro. Aveva poi provato a scalare l’americana “T-Mobile” (senza successo, però) e aveva quindi rivolto la sua attenzione al mercato italiano arrivando a controllare il 15% delle azioni della Telecom guidata da Flavio Cattaneo. Lo scorso anno però ha ingranato la marcia indietro e, dicono gli esperti, lo ha fatto solo per avere le mani libere e poter tornare in Italia entro i prossimi mesi con “Free Mobile” come un competitor, questa volta, di Telecom, di Wind-3 e di Vodafone. Una corsa mozzafiato che però gli ha lasciato il tempo e la voglia di finanziare anche il più grande incubatore francese di start up tecnologiche. Nato e cresciuto nella banlieue parigina, l’imprenditore pensa infatti anche alla politica. Lo affermava lo scorso 13 febbraio una nota dell’economista Jean-Yves Archer pubblicata su “Les Echos”, una testata molto vicina al rampante ministro “gaucher” dell’Economia, Emmanuel Macron. L’articolo, uno dei più commentati di quei giorni, è stato però cancellato repentinamente dagli editori e adesso è impossibile trovare in rete il testo originale. Per Niel, proprio come Macron, il liberalismo è un “valore di sinistra”. “Combattere perché l’ascensore sociale in Francia funzioni – dice Niel – per me non è una lotta politica, ma una questione personale. Perché lo stato non ha più soldi, ma io sì”. Netflix è avvisata: non gli bastava Bollorè, adesso dovrà stare attenta anche a quei due.
Pubblicato su Tivù di marzo 2017