John Fine, editorialista di Business Week, domanda a Beth Comstock, capo “Digital” della Nbc Universal: «Che sentimenti ha nei confronti di Youtube?». La Comstock si fa scappare una risata nervosa. «Il mio atteggiamento è di tipo schizofrenico, direi. Da una parte sono presidente di una società che produce contenuti. I contenuti hanno un valore e devono essere pagati, sempre. Youtube quindi mi crea qualche maldipancia. Ma se mi metto il cappello di donna di marketing, non posso che esclamare: wow! Youtube è uno straordinario mezzo di marketing per il prodotto tv». Era il 2006, a ottobre, a Cannes, durante il Mipcom. La parola d’ordine, allora, era «Change», «Cambiare». Dopo otto anni le cose «cambiano» finalmente anche in Italia. Fra il 28 e il 29 maggio, la Rai ha cancellato da Youtube più di 50.000 video con immagini dei propri programmi. Una mossa resa possibile proprio grazie ad un software inventato da Google e che si chiama “Content Id”. Le motivazioni sono squisitamente economiche. La resa della raccolta pubblicitaria della Rai su Youtube non superava i 700mila euro. Google è una concessionaria molto aggressiva nei confronti dei proprietari dei diritti: trattiene il 45% dei proventi e spalma la pubblicità un po’ a casaccio, dicono gli esperti. Nonostante i 40 milioni di download registrati per esempio da alcune canzoni dello Zecchino D’Oro la Rai guadagnava le briciole. Con una mossa innovativa a Via Mazzini hanno così annunciato a Google l’intenzione di voler cambiare. Una riflessione strategica che nasce dai numeri e da una nuova consapevolezza aziendale. Rai Pubblicità, infatti, sul portale della Rai, raccoglie un fatturato potenzialmente più alto. I video della Rai, d’ora in poi, si potranno vedere solo sul sito web della tv pubblica. Con il calcolatore alla mano, i vertici della Rai hanno preventivato un primo guadagno che potrebbe essere superiore ai 4 milioni di euro. Un bel salto rispetto ai 700mila che venivano corrisposti da Google. Si tratta, ovviamente, di una decisione che poteva essere presa solo dalla Rai. Per “scappare” da Youtube e sperare, in questo modo, di guadagnare di più, si deve avere un presidio forte sul web. La Rai, grazie alla politica espansiva messa in campo da Rai Net negli ultimi 8 anni, ha il portale video più visto d’Italia. Non si può dire la stessa cosa degli altri broadcaster nazionali. Mediaset ha aperto un lungo contenzioso giuridico con Google ma non ha ancora avviato una seria strategia di occupazione degli spazi web, per costruire un’alternativa credibile alla visibilità di Youtube. La7, invece, sconta la miopia di Telecom. Quando avevano la possibilità di diventare la web tv più potente d’Italia, hanno perso tempo e occasioni. Adesso sembra veramente troppo tardi. Rai docet.
Pubblicato su Tivù agosto 2014
