I premi tv in Italia fanno schifo. Fanno talmente schifo che hanno addirittura smesso di trasmetterli in tv. Un segnale che più chiaro di così non si potrebbe. Se neanche la televisione che viene premiata ne sopporta la vista (e la messa in onda)… vabbè! I Telegatti di Mediaset furono chiusi nel 2009 da Piersilvio Berlusconi. Il premio della regia tv della Rai, lo scorso anno si è svolto regolarmente ancora una volta però, fatto inedito e drammatico, non è stato trasmesso in tv, neanche su un canale digitale piccolo piccolo.
Peccato però. L’intuizione geniale di Daniele Piombi che nel lontano 1960, per primo, inventò un riconoscimento destinato ai programmi e ai personaggi del piccolo schermo si è scontrata con la lenta gestazione della televisione italiana. Dalla situazione ingessata del monopolio Rai al lungo e rigido duopolio con Mediaset. Per anni i premi sono stati dati sempre alle stesse persone. Non c’erano alternative. Che fossero quelli di Piombi o i simpatici ma effimeri Telegatti, i riconoscimenti non potevano che riconoscere l’ovvio ed eterno alternarsi dei soliti noti. Da Pippo Baudo ad Antonio Ricci con qualche incursione di Fiorello mentre Vespa si fregava le mani sullo sfondo. Una noia mortale. Così, dopo anni di agonia, i premi tv sono morti. Peccato, veramente. Sono morti infatti proprio, verrebbe da dire, nel momento sbagliato. La televisione, in Italia come nel resto del mondo, è diventata improvvisamente un’altra cosa. Dai tempi del monoscopio siamo saliti sulle montagne russe dello svod e dei palinsesti personali della tv non lineare. Un girandola di idee, format, brand e nuovi canali che adesso sì, finalmente, meriterebbero un premio come si deve. Onestamente però andare a riscaldare la minestrina stantia di Piombi o dei Telegatti sarebbe un modo meschino e inadeguato per rendere omaggio al vigore autoriale della nuova scrittura televisiva che produce miracoli produttivi come “The Young Pope” o “Gomorra” o gli esilaranti nuovi format factual di broadcaster come Discovery o Real Time. Abbiamo però una proposta immodesta da lanciare ad Apt, Anica, Agis e alla nuova generazione dei produttori italiani. Chiediamo tutti insieme al prestigioso e autorevole “David di Donatello” di farsi carico di una premiazione annuale come si deve. Come sanno gli addetti ai lavori, il “David” è in fase di ristrutturazione. Si sta lavorando alacremente al progetto di una fondazione. Si dovrebbe chiamare “Accademia del cinema italiano David di Donatello”. La nostra proposta immodesta è che la nuova fondazione si faccia carico anche di registi, autori e tecnici della tv e diventare “Accademia del cinema e della tv”. Potrebbe mettere a disposizione di un settore vitale dell’industria culturale italiana tutta la propria serietà e tutta l’autorevolezza di una storia senza macchia e senza paura. Sarebbe bellissimo. Il “David” della tv. Altro che Grammy!
Pubblicato su Tivù di maggio 2017