Televisione artificiale

Pubblicato: 5 dicembre 2025 in illusioni digitali, La materia dei segni
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Gli esperti di AI fanno un esempio. Una persona è dentro una scatola nera con tanti messaggi diversi scritti in cinese. Non conosce quella lingua ma ha le istruzioni (i mega dati del web) per scegliere i messaggi “giusti” (in cinese) da inviare in risposta alle sollecitazioni che vengono dall’esterno. Così funziona l’AI. Non ragiona e non genera intelligenza. Soprattutto non “capisce”.

Moltiplica all’infinito quello che l’utente globale conosce già. E così, mentre tutti si preoccupano di un’intelligenza artificiale, che è più stupida di come appare, il vero pericolo è un altro ed è proprio di fronte ai nostri occhi. E non c’è bisogno di scomodare misteriosi algoritmi. Si chiama televisione artificiale. La scatola nera del palinsesto è piena di personaggi che sono diventati famosi sui social per il solo fatto di avere avuto qualche istante di notorietà proprio grazie alla tv. Vengono tenuti nella scatola, in tv, a fare quello che sanno fare meglio: apparire (anche se non hanno nulla da dire). In questa curva iperbolica della fama (morti di fama, li chiama Dagospia) la televisione è diventata ormai un mondo autoreferenziale che macina luoghi comuni e opinioni di massa un tanto al chilo per allargare sempre di più il circuito dei like. Non sanno di cosa parlano (e chi lo conosce il cinese!) ma danno risposte che sembrano giuste perché i social indicano perentoriamente i messaggi da inviare all’esterno. Gli esempi sono infiniti (ognuno di noi, forzati del piccolo schermo, ne potrebbe citare a decine). All’inizio del secolo, con il Grande Fratello, sconosciuti assoluti (Taricone docet) divennero dall’oggi al domani le nuove icone di magazine e red carpet. Avevano il vantaggio di costare meno delle grandi star, di garantire comunque buoni ascolti e di poter essere facilmente rimpiazzati (uno sconosciuto vale un altro). I divi tv avrebbero dovuto capire l’antifona e abbassare le richieste economiche. Le cose sono andate un po’ diversamente. I grandi personaggi hanno infatti continuato a pretendere ingaggi milionari. I morti di fama, nel frattempo, hanno saturato gli spazi mediatici della scatola nera con banalità imbarazzanti e, purtroppo, sono diventati contagiosi. Anche politici, giornalisti e presentatori infatti hanno cominciato a pensare che per andare in tv ci si dovesse comportare come dei tronisti qualsiasi. Il risultato è una televisione artificiale che, come l’intelligenza artificiale, macina l’opinione di massa in una marmellata senza anima e produce, no limit, un intrattenimento che dice solo quello che sappiamo già. Il mondo dei social non fa altro che alimentare questo massacro dell’intelligenza. I morti di fama fanno finta di parlare al pubblico della tv ma tengono d’occhio solo i like o i disllike dei loro profili. Anche quando si tratta di cose serie come le guerre. La televisione artificiale è così. Ha smesso di ragionare e di produrre intelligenza critica. E ha ucciso il pensiero divergente.  

Pubblicato nella rubrica La materia dei segni su Tivù di novembre 2025

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