Chernobyl, la serie tv che fa paura

Pubblicato: 1 settembre 2019 in La materia dei segni
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Chernobyl, la serie tv dei record (per ascolti e per gradimento di critica), fa paura, molta paura. Per due motivi.

Il primo è lo stile della regia, tipico dei film dell’orrore. Il secondo è più complesso e va ricercato nell’assenza (vistosa) di un accordo di coproduzione con i russi. Negli Usa è stata seguita da 8 milioni di spettatori. Per Internet Movie Data Base si tratta del rating più alto della storia: 9,6, un punteggio maggiore, per intenderci, di serie tv come Breaking Bad (9,5) o Il Trono di Spade (9,4). Lo stile della regia, soprattutto nelle prime due puntate, è simile a quello che di solito viene adottato nei film del terrore. Quando i funzionari della Centrale devono affacciarsi sul cratere del reattore esploso, il climax creato dai movimenti di macchina, dal montaggio e dalla colonna sonora è quello tipico dei film di paura. Ogni scelta della regia, in quegli attimi, è finalizzata a costruire l’ansia dello spettatore. Il punto critico di non ritorno è stato superato però alla fine della seconda puntata: i liquidatori, gli ingegneri che scesero nel basamento della centrale esplosa per far defluire l’acqua ed evitare così una seconda apocalittica esplosione, si muovono nell’acqua densa e nera e l’ambiente è rischiarato malamente solo dalle loro lampade. Le radiazioni, però, fanno saltare i contatti delle lampade e gli ingegneri rimangono al buio. Le maschere impediscono loro di parlare e non possono più comunicare a gesti. Si sentono solo i rumori (fiatone, acqua, metallo). Sono solo pochi minuti ma ricordano in modo impressionante un capolavoro del cinema dell’orrore come Blair Witch Project. La serie, quindi, non è un documentario, anche se le vicende si basano, in gran parte, sui resoconti degli abitanti di Pripyat. La serie è un film di finzione e ha una propria strategia narrativa: dimostrare la correità del potere sovietico nel disastro nucleare del 26 aprile del 1986. Questo è allora il secondo motivo di spavento. Accettiamo, senza esitare ormai, che gli scrittori Usa vengano a farci la lezione su ogni possibile argomento. Anche sul nucleare. HBO ha prodotto la serie con Sky e non ha mai cercato un accordo di coproduzione con i russi. Hanno letto un libro e qualche resoconto giornalistico e hanno emesso la sentenza: i russi sbagliarono. Il processo però si è svolto a porte chiuse, senza la replica di Mosca. Scattano così, inevitabilmente almeno un paio di domande cruciali. Gli americani sono gli autori del più cruento disastro nucleare della storia dell’umanità: Hiroshima e Nagasaki. Con quale autorità morale corrono ora a giudicare il disastro nucleare della centrale russa di Chernobyl? La seconda domanda, se possibile, è ancora più inquietante: perché noi in Europa e nel resto del mondo (la serie in Italia è la più vista della storia di Sky) accettiamo sempre più supinamente il giudizio di Hollywood su temi fondanti della nostra vita? Forse, dopo aver visto Chernobyl, dovremmo cominciare a parlarne. No?

Pubblicato su Tivù di agosto 2019

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